27 settembre 2024
Disdette
In determinate circostanze, un lavoratore può essere spinto a dare le dimissioni, sia per motivi personali che professionali. Le ragioni possono variare, dal desiderio di cambiare carriera a un ambiente lavorativo non più tollerabile.
Tuttavia, il timore di perdere il diritto all’indennità di disoccupazione può rendere difficile questa decisione.
Per evitare di trovarsi senza sostegno economico dopo le dimissioni, è fondamentale conoscere le regole che disciplinano la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), in questo articolo di Lettera senza busta spieghiamo le condizioni nelle quali è possibile accedervi anche in caso di dimissioni.
La NASpI, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è un’indennità destinata ai lavoratori che si trovano in stato di disoccupazione involontario. È stata introdotta il 1° maggio 2015, sostituendo le precedenti forme di sussidio ed ha lo scopo di garantire un sostegno temporaneo ai lavoratori che, per cause non imputabili alla loro volontà, perdono il lavoro.
Per poter beneficiare della NASpI, un lavoratore deve soddisfare specifici requisiti:
In linea generale quindi, la disoccupazione viene riconosciuta solo a chi perde il lavoro contro la propria volontà, come nel caso di un licenziamento.
Tuttavia, esistono delle eccezioni che consentono di accedere alla NASpI anche se ci si dimette, purché si verifichino determinate condizioni. Vediamo in quali casi è possibile.
Uno dei casi in cui è possibile ottenere la NASpI pur rassegnando le dimissioni è quello delle dimissioni per giusta causa. La giusta causa si verifica quando il lavoratore si dimette a causa di comportamenti scorretti o illeciti da parte del datore di lavoro, che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Alcune delle situazioni più comuni in cui si può rassegnare le dimissioni per giusta causa includono:
In queste situazioni, le dimissioni sono considerate forzate e, pertanto, il lavoratore conserva il diritto alla NASpI, poiché la sua scelta di lasciare il posto di lavoro non è riconducibile alla sua volontà, ma a circostanze inaccettabili create dal datore di lavoro.
Se ti trovi in questa situazione puoi consultare la nostra sezione dedicata alle lettere di dimissioni online, nella categoria Disdetta Certa di questo sito web, dove troverai anche quella per giusta causa.
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L'autodichiarazione della volontà di difendersi in giudizio è un documento essenziale che il lavoratore deve presentare al momento della richiesta di accesso alla NASpI, nel caso di dimissioni per giusta causa. Essa serve a dimostrare l'intenzione del dipendente di tutelare i propri diritti legali nei confronti di comportamenti illeciti o inadempienze del datore di lavoro.
Nella dichiarazione, il lavoratore deve specificare le ragioni delle sue dimissioni e allegare documentazione pertinente, come diffide a pagare, esposti o denunce, che attestino il conflitto con il datore. È importante sottolineare che, qualora il giudice non riconosca la giusta causa delle dimissioni, l’INPS si riserva il diritto di recuperare eventuali somme erogate a titolo di NASpI.
Un'altra situazione in cui le dimissioni consentono di accedere alla NASpI riguarda la maternità o paternità. In base alla normativa attuale, una lavoratrice ha la possibilità di dimettersi senza rinunciare al diritto alla NASpI se presenta le dimissioni durante il periodo di tutela, che si estende da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del neonato.
È importante sottolineare che le dimissioni in questo caso devono essere convalidate presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro per evitare abusi o dimissioni forzate.
Attenzione però, in questo caso la NASpI può essere richiesta solo se le dimissioni sono state presentate presso la Direzione Territoriale del Lavoro (INL) e non attraverso la classica procedura telematica per le dimissioni volontarie.
Infine, esistono alcuni casi specifici in cui la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro permette comunque l’accesso alla NASpI. Di norma, la risoluzione consensuale esclude il diritto all'indennità di disoccupazione, poiché si tratta di una decisione presa di comune accordo tra il datore di lavoro e il dipendente. Tuttavia, vi sono eccezioni a questa regola. È possibile accedere alla NASpI in caso di risoluzione consensuale se:
In questi casi, nonostante la risoluzione del rapporto di lavoro sia consensuale, il lavoratore mantiene il diritto alla NASpI poiché la decisione di lasciare l’impiego non è puramente volontaria, ma legata a fattori esterni o a condizioni imposte dal datore di lavoro.
Farsi licenziare attraverso comportamenti scorretti, come l'abbandono del posto di lavoro o l'adozione di atteggiamenti provocatori, può sembrare una facile scorciatoia per ottenere la NASpI, ma comporta numerosi rischi e conseguenze negative.
In primo luogo, il datore di lavoro potrebbe contestare il comportamento del lavoratore, considerandolo come una violazione del contratto di lavoro, e questo potrebbe portare a una causa per risarcimento danni.
Inoltre, il lavoratore che ricorre a tali pratiche potrebbe non avere diritto all'indennità di disoccupazione, poiché la NASpI è destinata a chi perde il lavoro involontariamente e non a chi sceglie di creare situazioni che giustifichino un licenziamento.
Infine, il rischio di una reputazione compromessa nel settore lavorativo è significativo, poiché il datore di lavoro potrebbe segnalare il comportamento scorretto a potenziali futuri datori.
Dare le dimissioni può sembrare una scelta rischiosa se si teme di perdere il diritto alla disoccupazione, ma come abbiamo visto, ci sono diverse eccezioni alla regola che permettono di accedere alla NASpI anche in caso di dimissioni.
Che si tratti di dimissioni per giusta causa, maternità o risoluzione consensuale in specifiche condizioni, è importante essere informati sui propri diritti per prendere una decisione consapevole. Assicurarsi di rispettare le procedure e i requisiti previsti dalla legge è essenziale per non compromettere l’accesso a questo importante sostegno economico.
La NASpI, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è destinata principalmente a chi perde il lavoro involontariamente. Tuttavia, è possibile accedervi anche dopo dimissioni, ma solo in specifiche circostanze come dimissioni per giusta causa, maternità o - indeterminati casi - risoluzione consensuale.
Se un lavoratore si dimette per giusta causa, come mobbing o mancato pagamento dello stipendio, conserva il diritto alla NASpI. È fondamentale raccogliere prove documentali e presentare una autodichiarazione per richiedere l’indennità.
I lavoratori che si dimettono durante il periodo protetto della maternità o paternità possono comunque accedere alla NASpI, ma devono convalidare le dimissioni presso l'Ispettorato del Lavoro per garantirne la validità.
In caso di risoluzione consensuale, il diritto alla NASpI può essere mantenuto se la cessazione avviene tramite conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro o se il lavoratore rifiuta un trasferimento oneroso.
Cercare di farsi licenziare attraverso comportamenti scorretti può risultare in conseguenze negative, tra cui la perdita del diritto alla NASpI e potenziali azioni legali da parte del datore di lavoro. È sempre meglio affrontare le dimissioni in modo corretto e informato.
Quando si può ottenere la NASpI in caso di dimissioni?
Un lavoratore può ottenere la NASpI in caso di dimissioni se sussistono determinate condizioni, come le dimissioni per giusta causa, durante il periodo di maternità o paternità, o in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Che cos'è la NASpI?
La NASpI, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è un’indennità destinata ai lavoratori disoccupati involontari, introdotta per garantire un sostegno temporaneo a chi perde il lavoro per cause non imputabili alla propria volontà.
Quali sono le eccezioni per accedere alla NASpI in caso di dimissioni?
Le eccezioni per accedere alla NASpI includono dimissioni per giusta causa, dimissioni durante il periodo di maternità o paternità, e situazioni specifiche di risoluzione consensuale, come nei casi di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro.